Scoperta affreschi – Restauri

San Mamete – Restauri ed opere

Qui di seguito il resoconto di Don Tognola nel momento emozionante di alcuni ritrovamenti concernenti: l’affresco bizantineggiante della “Visitazione” e quello più tardo, di scuola luinesca, del 1400 della “Natività” e la presenza di una finestra ad ogiva nella parete nord che dimostra il periodo romanico (X sec.) della sua costruzione.

” La notizia delle importanti scoperte fatte in questi giorni nella Chiesa di S. Mammete è già corsa nella Parrocchia, suscitando il più vivo interesse.
Ma è bene che se ne faccia qui la dettagliata descrizione anche perché rimanga sicuro documento per la storia di domani.
Come è noto, da quasi un mese si sono iniziati i lavori in quella romita chiesina. Putroppo, a tutt’oggi , ci si è potuto soltanto lavorare attorno alla copertura del tetto, decaduta in condizioni pietose, miserevoli e minacciose per la stessa stabilità del tempio, ed al rifacimento del già crollante soffitto.
Ma intanto che si facevano questi lavori, chi scrive era torturato da un insistente pensiero: chissà mai che sotto il rustico intonaco in vista non ci fossero degli affreschi antichi! E questo suo pensiero gli pareva suggerito dalla strana impostazione del piano dell’unico affresco in vista fino a qualche giorno fa nell’interno della chiesina: quello di S. Mammete.

UN SABATO STORICO – 10 SETTEMBRE 1938

Il mattino di sabato 10 settembre si comincia a picchiare sull’intonaco che fa da cornice al lato sinistro inferiore dell’affresco di S. Mamete.
L’intonaco che aveva una sua certa caratteristica sonorità, che autorizzava a pensare all’esistenza di una qualche, sia pur sottile, camera d’aria sottostante, cede facilmente e rivela ben presto un altro intonaco, al quale fortunatamente il più recente non aveva aderito.
Faccio scoprire una discreta zona che mi rivela subito qualcosa di più che un nudo intonaco: l’intonaco è frescato!
Ho un balzo di gioia.
Prima a manifestarsi è la parte inferiore di una figura con lunga tunica. Nello scrostamento si sale, si sale fino a che il restringersi delle linee ci rivela che siamo vicini alla testa della figura stessa.
Ma, arrivatici, ci attendeva un’amara sorpresa: la testa non c’era più.
Per un fenomeno di umidità o altro, doveva essere scomparsa prima ancora che fosse coperto l’affresco. E chissà che non sia stato anzi quel notevole deterioramento della figura a mal consigliare per la totale sua ricopertura.
Riprendiamo il lavoro spostandoci nel campo dell’intonaco a sinistra, verso la prima delle due finestre che si aprono nella parete nord della chiesina. Ecco comparire gli elementi di un’altra figura meglio conservata della prima.

LA MADONNA

Ad un tratto non posso trattenere un grido: – La Madonna! Ecco la Madonna!
Proprio così: era la Madonna piamente inginocchiata, tutta chiusa nell’ampio panneggio delle vesti, le mani (purtroppo ferite da un ferro infisso per sostenere la lampada del Sacramento) congiunte in atto di preghiera o di dolce estasi.
Ma l’altra figura? Non poteva essere che quella di S. Giuseppe.
Riscontro infatti la tinta giallognola delle vesti, il colore preferito per il Santo, e la tradizionale verga fra le mani, piegata diagonalmente avanti il busto. Una conferma dell’ipotesi l’avrò poco dopo quando, salendo verso l’alto, scopriremo il disegno evidente di una casetta tracciata con graziosa semplicità: la casa di Nazareth.
L’epoca della pittura (che è a tempera), pur lasciando ai competenti il dare sicuro giudizio, crederei di precisarla nella prima metà del 1500. Il volto della Madonna ha i segni evidenti delle scuole lombarde seguite a Leonardo ed al Luini.
Per quel giorno mi accontentai della bella scoperta fatta, che trasse tosto nella chiesina molti abitanti di quella frazione a vedere, a commentare!

PIU’ SU NEI SECOLI UNA FINESTRELLA DEL 1100

Ma eccomi di ritorno al Santuario, martedì mattina 13 u.s.
La rivelazione del sabato ha acceso altre curiosità.
Che ci sarà sotto l’intonaco lungo la stessa parete nord tra le due finestre rettangolari?
Il martello ricomincia a picchiare. Arriviamo al sotto-intonaco, che corrisponde a quello che recava l’affresco succitato. Di pitture, però, nessunissima traccia.
Possiamo quindi provare a scarnire il muro anche più profondamente.
Chissà? …Ecco! Ecco! Lateralmente al margine sinistro della finestra è comparsa una linea oscura. Ci sono anzi alcune linee. C’è anzi traccia di un motivo decorativo. Dunque esiste sulle pareti un terzo intonaco, il più antico, il primitivo forse.
Sì, il primitivo, quello con cui venne affrescata la chiesina per la prima volta, da cui presto ci apparirà il suo …atto di nascita!
Salendo infatti a scrostare, mi avvedo subito che ci troviamo nella zona di una finestrella, di quelle a feritoia, piccolissime, che si facevano nel Mille, e che filtravano scarsa luce nelle Chiese dando loro un senso di quasi paurosa misticità in un’epoca dominata da terrori di ogni genere, anche religiosi.
Io la sento la finestrella prima che ancora la veda coi miei occhi. Ora è davvero comparsa la spalla sinistra di una finestrella a strombatura, accecata da un ammattonato visibilissimo.
Qualche giorno dopo, quando leveremo i mattoni, ci troveremo dinanzi al vano di una piccola finestra, profondo circa trenta centimetri, con la traccia evidente della volta a tutto sesto.
Lo squarcio a destra è stato distrutto, quando a pochi centimetri di distanza si aprì l’attuale finestra rettangolare, ma quello a sinistra è ben conservato e reca, con tinteggiatura ancora viva e fresca un ingenuo motivo a volute ricorrentesi. Fino a ieri, per affermare l’antichità della costruzione di S. Mammete, dovevamo ricorrere alla sola testimonianza di Goffredo di Bussero, che fin dal 1200 elencava nel suo Liber Notitiarum anche la chiesina di S. Mammete.
Dall’attuale costruzione rifatta e manomessa molte volte, nulla o poco si poteva ricavare di sicuro. Ma ora possiamo dare piena ragione a Goffredo di Bussero. Il documento della vetustà della costruzione è proprio in quella finestrella, che stavolta non sarà più accecata e murata.

… ED UNA SANTA DEL VANGELO

Ritorniamo ai lavori di scrostatura; ora si marcia decisamente verso sinistra.
L’intonaco cede facilmente a grossi pezzi e rivela la presenza di un affresco a grande campo. Purtroppo, però, constato subito che è in peggiori condizioni dell’altro scoperto sabato scorso perché presenta segni di colpi di martello dati di proposito per farvi aderire l’intonaco di copertura.
Ora ci si scopre una strana figura di donna, vestita di una vestaglia lunga di color scuro, la faccia chiusa in un soggolo bianco che avvolge la parte superiore del petto. Chi sarà mai? Una Santa?
Alla sua sinistra cominciamo a leggere alcune lettere: E – T.
Le altre lettere sono disposte verticalmente. Ora sono scoperte tutte……

… ELISABET

La ‘esse’ è scritta con carattere greco.
C’è qui sapore di bizantino, come di sapore bizantino sente tutto l’affresco!
Più a sinistra rileviamo una semplice traccia di figura, ritta in piedi con in alto il solco di un’aureola. Il campo di fondo è occupato dalle linee architettoniche di una costruzione condotte con grande semplicismo.
Evidentemente la scena ricorda il fatto evangelico della visita di Maria SS. A S. Elisabetta. E, se non mi sbaglio, ha tutti i segni di una pittura del ‘300 ed anche prima. Ma un’altra – e stavolta per me curiosissima e misteriosa – scoperta si doveva fare in una zona alta una sessantina di centimetri, sottostante il suddescritto affresco.
Deteriorate assai, soprattutto per l’inesorabile piccozzamento del martello, riscontro ben quattro figure di personaggi (una forse è una donna) allineate a poca distanza una dall’altra, senza aureola, indossanti abiti dell’epoca.
L’affresco esiste fino alla parte superiore del busto; il resto dev’essere andato perduto o per rovina o per completa distruzione fatta di proposito.
Altre figure del genere (o almeno tracce) le ho trovate alla stessa altezza più a sinistra. Così che si può pensare che, al di sopra dello zoccolo e prima del grande affresco della Visitazione, ci doveva essere una sfilata di personaggi, ad individuare i quali io confido possano intervenire i competenti di arte lombarda.

RILIEVI E DEDUZIONI

Qui si arresta la descrizione delle più importanti scoperte fatte a S. Mammete. Posso però aggiungere che ho potuto facilmente rilevare questi fatti:

  1. La Chiesa primitiva aveva le pareti più basse dell’attuale di circa un metro e senza dubbio aveva il tetto a capriata scoperta, come si usava allora. Quando nel ‘600 o nel ‘700 la si volle rimodernare e si collocò l’altare barocco che esiste tuttora, si tolse il tetto a capriata, si alzarono le pareti per poter gettare l’attuale soffitto orizzontale.
  2. La zona più alta della parete era decorata da una fascia a macchia policroma di marmo con sovrapposte delle gemme. A fatica si è potuto ricuperare una piccola porzione di tale decorazione.
  3. Mentre la parte nord presenta tre intonachi, la parete intera della facciata e quella a mezzogiorno, non ne hanno che due. Segno che della primitiva chiesa non rimane che la parete nord, sulla quale si sono fatte le scoperte sopraindicate. Saggi fatti qua e là non hanno rivelato la presenza di altro affresco.
  4. Tutta l’abside presenta i segni di costruzione piuttosto recente. La vecchia abside, che deve essere stata affrescata ed è scomparsa per intero, aveva un raggio assai inferiore all’attuale. Credo che si possa ricostruirne le misure valendoci di un solco a semicerchio tuttora visibilissimo nell’ammattonato del pavimento del Coro e che divide il pavimento della prima abside da quello della seconda ingrandita.
  5. L’intonaco più antico che sta sotto l’affresco scoperto della Madonna e di S. Giuseppe, deve avere un qualche altro affresco che deve corrispondere all’altro della Visitazione (notevolmente più antico n.d.r.).
    Ne ho avuto prova facendo prudenti saggi ai margini dell’attuale affresco.

Chiudendo non ci resta che fare una lieta constatazione.

La nostra Affori mancava di un oggetto di attrazione artistica di così antica data.
La Parrocchiale di un tempo – purtroppo venduta e trasformata in abitazioni – può considerarsi come perduta per sempre anche per quelle cose d’arte che poteva racchiudere. Ma ora, ai confini della Parrocchia, abbiamo una Chiesetta che può offrire al visitatore l’attrazione di alcuni affreschi la cui epoca va dal ‘300 al ‘500. E di questo c’è da prender nota con la più viva soddisfazione!
Come fa chi scrive qui; come faranno di certo tutti gli Afforesi che amano la loro terra natale!

Don Luigi Tognola “

La facciata in corso di restauro

Si nota la struttura originale e la parte aggiunta nel 1600
che prolunga la cappelletta verso destra; questa
parte è stata costruita come abitazione dell’ “eremita”
che fungeva da custode e sagrestano (è attualmente
abitata).

Come si presentava la facciata ormai erosa dalle intemperie.

Il muro originario della facciata nella classica disposizione a lisca di pesce composta da mattonelle e sassi.

Ecco la facciata messa a nuovo; è stata mantenuta la sua “fisionomia” anche se non originaria; messi in risalto gli elementi che delimitano l’entrata, il saccello delle elemosine e le due finestrelle ovali dell’abitazione.
Le spaccature tra i muri di sostegno costruiti in epoche diverse; solo con un intervento radicale di restauro era possibile ovviare ad una situazione divenuta ormai pericolosa, prima che fosse irreparabile.

Il campaniletto

Fedele compagno dell’antica cappella, arrivato sino a noi resistendo all’usura dei secoli.
Da tempo vedovo dei rintocchi di una campanella che chiamava dai paesi vicini i fedeli ad onorare il giovane martire Mamete… …ora, rimesso a nuovo, ha ritrovato la sua compagna dalla voce argentina : è la campana donata dalla famiglia Valsesiana a Mons. Verzeleri, abate di S. Ambrogio, e dallo stesso consegnata come prezioso complemento della cappelletta il cui restauro sognò per anni.

La parte rivolta a nord

Il restauro ha messo in evidenza le pericolose spaccature nei muri di sostegno di questo lato che è il più antico. Ecco come si presenta dopo il restauro. Si notano due contrafforti di sostegno dell’antico muro pericolante;
il cedimento si può meglio notare dall’interno in cui il muro appare non perpendicolare. Le due finestre sono state aperte in epoca posteriore (verso il 1600).

Il particolare della “buca delle elemosine”
che ancor oggi si può vedere nelle antiche cappelle di campagna.
Posta vicino all’ingresso, accoglieva piccole offerte devozionali In onore del santo.

Finale di grondaia con sembianze di drago figura frequentemente usata nel ‘700 come ornamento; applicata con la grondaia rimessa a nuovo.

La “pietra sacra” contenente le reliquie di S. Massimo e posta al centro dell’altare dove si celebrava l’Eucaristia. In ogni altare viene posta una “pietra sacra” ad indicare la continuità del sacrificio della Croce nel martirio che ne è la più autentica testimonianza.

Alla base della “pietra sacra” nella cornice lignea sono impressi il nome di Affori e la firma del curato di allora Giobatta Ferrario (inizio 1600) preceduta e seguita da segni di croce, che attesta la proprietà della sacra reliquia.

Particolari dell’affresco più antico (probabilmente inizio 1200); sotto la figura di S. Elisabetta che riceve la visita della cugina Maria sono raffigurati alcuni personaggi, probabilmente benefattori della chiesetta. L’affresco, scoperto nel 1938 da Mons. Tognola, appare rovinato oltre che dal tempo anche dai colpi di martello inferti forse per far meglio aderire l’intonaco del muro di sostegno costruito in epoca successiva.

Piastra in Pietra posta nel pavimento antistante l’altare
e recante una data: 1706 e le iniziali: G.B.M. Il curato di Affori Giovan Battista Motta nel 1706 eseguì lavori di restauro nella cappelletta, vi pose la balaustra in marmo e l’altare in stile barocco che ancor oggi vediamo. A ricordo di quei lavori – voluti e finanziati dai generosi Afforesi – si pose la piastra che oggi vediamo.

Il Santo che da quasi 1000 anni riceve preghiere e devozione dagli Afforesi che gli vollero dedicare quel gioiello che i secoli hanno scalfito ma non distrutto. Quel viso di giovinetto martire, dallo sguardo semplice e sereno, guarda trascorrere gli eventi afforesi e guarda noi del secolo XX come ha guardato i nostri antenati.

Un buon restauro permetterebbe di godere, oltre che delle pitture riguardanti una figura di S. Elisabetta e di una Natività, anche della raffigurazione di S. Mamete, sulla parte sinistra della Chiesa e di quella dell’altare maggiore, nella cornice marmorea del settecento (?) e dipinta da Cocquio su commissione di Don Tognola, quando tale pittore stava lavorando all’abside della Chieda Parrocchiale di S. Giustina.

Il restauro eseguito ha riguardato il tetto e le facciate ed è stato fatto bene.
Ora il restauro ha bisogno di essere completato ed all’interno della Chiesa e nella casetta a lato; principalmente per non lasciare il lavoro a metà, poi perché tutto acquisti una buona funzionalità; e il lavoro che rimane non è poco.
La domanda principale: “a cosa servirà S. Mamete?”

Nel tempo passato il cosiddetto “VIGNOLO DI SAN MAMETE” era destinato, quale beneficio, al sostentamento del Parroco di Affori. Oggi non è più così, non solo perché col ricavato del Beneficio di S. Mamete il parroco morirebbe di fame, se non di sete, ma soprattutto perché il recente concordato ha instaurato un diverso modo di sostentamento per tutto il clero e non solo per i parroci, dipendendo il loro vivere dalle oblazioni dei fedeli.

Teniamo presente che il terreno circostante la chiesetta, di proprietà del beneficio è di circa 3.000 metri quadrati (?????).

Ecco allora come, pastoralmente parlando, San Mamete potrebbe riprendere un suo servizio, sempre che non vengano migliori suggerimenti.
Una prima destinazione mi viene alla mente ripensando alla figura di S. Mamete, adolescente, testimone della sua fede fino al martirio: destinare questo luogo a possibilità di incontri per la riflessione ed il dialogo, in favore degli adolescenti, delle loro famiglie, dei loro gruppi.
Questo non esclude che anche altri possano usufruire della quiete di S. Mamete per momenti analoghi riservati ai più giovani o ai fidanzati o alla Terza Età.

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