Iconografia di San Mamete – Iconografia

L’intensità e la diffusione del culto di Mamete specialmente in Oriente e la carica di fantasia della sua passio non potevano non impressionare e richiamare gli artisti. Anche Mamete ha perciò un’interessante iconografia, non certo paragonabile a quella di altri santi ugualmente venerati, quali ad es. san Giorgio, ma comunque sufficientemente ricca. Prevalgono le raffigurazioni isolate, ma non manca qualche ciclo.
La più antica che si conosca è un affresco in S. Maria Antiqua (sec. VII): del santo non rimane che la testa e accanto il nome in greco. Del sec. X abbiamo miniature nel Menologio di Basilio II e altre del sec. XI/XII nei mss. Coislin 239, Paris 533 e 550 (omelie di S. Gregorio di Nazianzo): in quest’ultimo il santo figura tra le cerve addomesticate.
Di particolare importanza sono gli affreschi delle chiese rupestri di Cappadocia dei secc. IX-XIII. Mamete vi è raffigurato assai spesso, abitualmente in compagnia di altri santi. Così a Guereméé, nella cappella n. 6, e in quella della Theotókos; ad El Nazar, Mamete si vede nell’arco Nord della cappella in un gruppo di otto martiri disposti quattro a quattro ai lati della croce: il santo, su fondo azzurro, rosso e verde indossa una clamide con fibbia.

Elmale Kilisè. San Mamete nell’arco destro.
Si nota la somiglianza dell’immagine di san Mamete con l’affresco dell’oratorio di San Mamete in Affori).

Nella chiesa di Qeledjlar, Mamete spicca a destra dell’arco imberbe con clamide scura; ad Elmale Kilissé, le volte della chiesa recano figure isolate: Mamete vi campeggia nell’arco Est; siamo di fronte alla più conservata immagine del santo in queste chiese rupestri; egli è disposto in simmetria con san Niceta, ha la croce nella mano destra e un bastone nella sinistra, in tunica corta, di stoffa bianca a fiori, e clamide leggera gettata dietro le spalle. Il volto è, nella zona degli occhi, assai danneggiato. Altre immagini di Mamete sono a Balleq Kilissé, sul fondo della navata Sud, a destra della porta, mentre dall’altro lato è un santo cavaliere, forse san Giorgio. A Belli Kilissé, nella navata sinistra, nell’intradosso dell’arco tra navata e abside, dove Mamete è con altri tre martiri, dipinti a mezzo busto, è leggibile il nome suo e quello di Tarasos; gli altri due, abrasi, erano forse Proto e Andronico (cf. per tutte queste notizie G. de Jerphanian, Les Églises rupestres de Cappadoce, due voll. e quattro album di tavole, Parigi 1925-42, I, pp. 96, 124, 180, 210, 436; II, pp. 256, 276 e tavv. 40, n. 3; 46, n. 1; 117, n. 1). Altri affreschi più o meno coevi sono a Cipro, a Mistra (Peloponneso), nel monastero delle Meteore (in Grecia a Nord di Trikkala).
Del sec. XIII una vetrata della cattedrale di Auxerre celebra il martirio di Mamete. Verso il 1340 Evrard d’Orléans scolpì per la cattedrale di Langres una statua in alabastro, che esiste ancora, seppur mutilata della testa durante la grande Rivoluzione: il martire tiene nella mano sinistra le sue viscere.
Il sec. XV è più ricco. F. Pesellino (1422-1457) dipinse in una pala d’altare la SS. Trinità e quattro santi a due a due ai lati delle persone divine: il primo a sinistra è Mamete, in sembianze giovanili, vestito da pastore con in mano la palma del martirio; nella predella della stessa pala l’artista dipinse Mamete nel carcere con un leone accovacciato ai piedi. Tavola e predella sono nella National Gallery di Londra. Ancora nel sec. XV di Francesco de Franceschi abbiamo diversi pannelli con storie del santo, conservati nel Museo Civico di Verona, nel Museo Correr di Venezia e all’Università di Yale (New-Haven, USA).

MAMA di Cesarea. Francesco de Franceschi, Martirio di M. – Venezia, Museo Correr (sec. XV).
(foto Osvaldo Bohm)

Di particolare efficacia descrittiva sono i due conservati nel Museo Correr, uno raffigurante la condanna del santo, mentre già il carnefice è pronto col tridente puntato contro di lui, e l’altro che ritrae la morte del santo: inginocchiato presso la sua capanna, in cui si vedono pile di formaggi, Mamete col ventre squarciato dal colpo del tridente, sta morendo, mentre dall’alto un angelo ha raccolto la sua animula e la porta verso il cielo.
Notevole è anche il pannello centrale del polittico, nel Museo di Verona, nel quale Mamete è assiso presso il leone e reca nelle mani un libro aperto e la palma.
Ancora di questo periodo è una tavola d’altare conservata nella chiesa in territorio di Belluno dedicata a Mamete, di Francesco Frigimelica. Nello stesso sec. Mamete è effigiato in miniature di un Breviario di Langres (Bibl. Chaumont) nella scena del Battesimo e della traslazione del corpo.
Ritroviamo poi Mamete trattato da artisti del sec. XVI: un martirio di Mamete di Jacques Langlois (Louvre) e due statue: una in pietra dipinta nella sagrestia della chiesa di Saint-Mammès-sur-Huisne (Orne) e una nella chiesa di Chaurce (Aube). Infine una tela ovale nella cattedrale di Langres di J. Tasset (o Tassel; m. 1660), nella quale il santo tiene in mano le sue viscere.
Del 1726 è la minuscola immagine impressa sul processo verbale di consegna d’una piccola reliquia del santo da parte del capitolo della cattedrale di Langres alla chiesa di Sceaux. Mamete vi figura come un giovane imberbe, di faccia, a mezzo busto, con un manto rovesciato sulle spalle, recante in mano una croce stretta contro il petto. L’importanza dell’immagine sta nel fatto che essa riproduce un sigillo bizantino del sec. XI, coevo al trasferimento della reliquia del braccio del santo a Langres (cf. Anal. Boll., XLVI, pp. 79-80).
Un altro ciclo dedicato a Mamete è ricordato nei repertori iconografici ed è del sec. XVI. Si tratta di una serie di otto arazzi con storie di Mamete i cui cartoni furono ordinati il 14 luglio 1543 dal card. de Givry, vescovo di Langres, a Jean Cousin, padre, per duecento scudi d’oro. L’esecuzione venne affidata il 29 gennaio 1544 ai tappezzieri parigini, Pier Blaisse II e Jacques Langlois che eseguirono questo lavoro per 640 scudi d’oro.
In questi arazzi J. Cousin manteneva la composizione arcaicizzante di diverse scene sovrapposte in uno stesso quadro, riempiendo lo spazio d’un paesaggio rigorosamente animato da architetture rinascimentali e racchiudendoli in una larga riquadratura, ispirata alle lussureggianti decorazioni del Rosso (m. 1541) a Fontainebleau. Degli splendidi arazzi, che nel 1639 suscitarono l’ammirazione di Richelieu, non ne restano che due, uno di m 4,35 x 4,75 conservato nella cattedrale di Langres, rappresentante in primo piano Mamete che legge il Vangelo alle fiere, mentre in secondo piano sono altre quattro scene: Mamete che munge le cerve; un angelo ordina a Mamete di portare aiuto ai cristiani; Mamete che distribuisce il formaggio ai poveri; Mamete che incontra i soldati mandati ad arrestarlo. L’altro, delle stesse dimensioni, custodito al Louvre, presenta in primo piano Mamete davanti al tribunale accompagnato da un grosso leone, in secondo piano Mamete che rifocilla i soldati dopo averli rincuorati, atterriti com’erano per l’arrivo delle fiere; il martirio di Mamete è inquadrato dal fornice d’un ricco arco di trionfo: il santo è legato a una colonna e un carnefice lo sta trafiggendo col tridente, mentre un angelo dall’alto scende a portargli la corona di gloria.

Benedetto Cignitti
(estratto da Bibliotheca Sanctorum, vol. VIII, coll. 608-612)

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